Bag om La Biondina
La Biondina Dall'incipit del libro I Il sole entrava dall'ampio finestrone a inondare di luce lo studio vastissimo, dove Giacomo Burton lavorava, dall'alba al tramonto. Due delle bianche pareti erano coperte da grandi tavole di disegni, modelli di macchine; sulla terza, di contro al finestrone, era una sfilata di mensole chiare di larice, con tutte le fiale ed i vasi bianchi ed azzurri, pieni di minerali e di acidi, nella gamma allegra di colori che la chimica possiede. Qua e là, e negli angoli, sul pavimento, erano pezzi di macchine, e pile, e fornelli. Un terzo della stanza era occupato da due lunghe tavole da disegno poggianti sui cavalletti altissimi: sulle tavole, cosparse di compassi e di regoli, spioveva una gran luce dall'ampia vetrata. Tutto, là dentro, era semplice, rigido, severo, ordinato; tutto, fuorchè il breve spazio racchiuso dall'angolo a destra del finestrone, dove era un divano; e due poltroncine di tela russa con un'alta bordatura di azzurro fissata da borchiette d'oro: e, steso dinanzi ad essi, un rosso tappeto a fiorami oscuri; e, sulla parete, a coprire il bianco della muraglia, una stoffa drappeggiata con arte, che inquadrava una grande fotografia di donna racchiusa in una semplice cornice d'abete. Quell'angolo, come un salottino non ricco ma civettuolo, introdottosi quasi furtivo in quel tempio severo del lavoro, era Adelina che l'aveva voluto, che l'aveva imposto a suo marito. Aveva comperato essa il divano e le poltroncine, e il tappeto, e un giorno era capitata là con tutta quella roba recata da un operaio della fabbrica: e, tutta sola, mentre Giacomo, sorridendo, disegnava, avea creato quel cantuccio, trasfondendovi un po' della grazia, della allegra civetteria ch'era nella sua persona. Avea messo il piccolo divano di sbieco, nell'angolo: poi, salita in piedi su di esso, appiccicò con quattro chiodi il drappeggio; poi stese il tappeto; e mise le poltroncine ai due lati del divano.
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