Bag om Gli Americani di Rabbato
Gli Americani di Rabbato dall'incipit del libro Il nonno 1. Lo zi' Santi Lamanna rimpiange i tempi passati. Come andiamo, nonno? Come vuole Dio, signor dottore. Intendo dire di quei dolori alla schiena... Vengono, vanno via, tornano. Io li lascio fare. Ho quattro ventine e sette anni su le spalle. Ne avrò per poco, signor dottore. Voi siete più giovanotto dei vostri nipoti. Uomini come voi non se ne fabbricano più al giorno d'oggi. Il dottor Liardo aveva fermato avanti a la porta del Lamanna la bell'asina ferrante su cui andava attorno per le visite ai suoi malati. Il vecchio era seduto là, e intrecciava, con sottili strisce di canna e vimini, un paniere; per non stare con le mani in mano, aveva soggiunto, dopo salutato il dottore. In maniche di camicia, vestito alla foggia antica, con corpetto di traliccio a pistagna, abbottonato fino al collo con fitti bottoni di madreperla, con corti calzoni di felpone blu e con le calze di cotone candidissime che gli modellavano i polpacci robusti, lo zi' Santi Lamanna, a quell'età, era il solo che sopravvivesse della sua generazione in paese, e il dottor Liardo aveva un'affettuosa ammirazione per lui. E i vostri nipoti? egli domandò. Due in campagna, per l'aratura, e l'ultimo, il ragazzo, a scuola, giacché ora, per imbrogliare meglio il prossimo, s'insegna a saper leggere e scrivere. Ai miei tempi... Non dite così. Leggere e scrivere giova anche per i propri affari. Si guastano la testa, signor dottore. Lo vedo dai due maggiori che sanno anch'essi qualche punto di lettura. Ai miei tempi... Non li rimpiangete. I tempi mutano. Oggi si sta un po' meglio di prima.
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